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EVENTI E MOSTRE
04/10/2010  - Marcella Bertolini
La Fondazione Cassa di Risparmio di Mirandola accoglie i resti di Giovanni Pico
I resti mortali del grandissimo filosofo umanista, signore della Mirandola e conte di Concordia, sono ritornate dopo più di 500 anni
I resti mortali del grandissimo filosofo umanista, signore della Mirandola e conte di Concordia, sono ritornate dopo più di 500 anni, per pochi giorni, nella sua città natale, insieme a quelli degli altri due umanisti Girolamo Benivieni e Angelo Poliziano.

Pico e la sua Mirandola: la nostra è una tranquilla cittadina della bassa pianura modenese, e raramente è ‘scossa’ da avvenimenti di rilievo;
ma questa volta l’evento è stato sicuramente straordinario, addirittura commovente, uno di quegli avvenimenti che sono in grado di unire e rendere fiera l’intera città: la nostra infatti è ricordata e conosciuta in tutto il mondo non tanto in virtù della casata che per secoli l’ha governata, i Pico, quanto per la grandezza del suo più illustre esponente, quel Giovanni Pico della Mirandola che fu una delle più grandi menti, culturalmente e filosoficamente parlando, della Firenze di Lorenzo il Magnifico, di quella fucina, cioè, che sancì la fine del Medio Evo e il passaggio all’ Umanesimo e al Rinascimento;
ebbene, evento unico, sensazionale e decisamente irripetibile: i resti mortali di questa straordinaria figura, Giovanni Pico, dopo più di 5 secoli sono tornati a casa, proprio nella sua casa, nel suo castello di Mirandola, dove era nato nel 1463, che aveva lasciato nel 1477 e dove era tornato brevemente solo una volta, nel 1482; Pico infatti lascia Mirandola giovanissimo, neanche quindicenne, per proseguire i suoi studi a Bologna, Ferrara, e poi a Padova, a Pavia, a Firenze, e ancora a Parigi alla Sorbonne e ad Arezzo: per fermarsi poi definitivamente alla corte di Lorenzo il Magnifico, suo caro amico e protettore.
Città che da tempi immemorabili vive di Pico, della sua figura che permea tuttora tutta Mirandola: qui quasi tutto porta il suo nome: il liceo, la polisportiva, la pizzeria, la lavanderia, il forno, la macelleria; e l’ormai famoso “Premio Pico” che ogni due anni viene assegnato a figure di primo piano nel campo internazionale e nazionale dell’economia, della finanza, dell’impresa, ed, in ambito locale, a chi si è maggiormente distinto nei settori di ‘attività’ della Fondazione; qui ognuno di noi è cresciuto studiando, o anche solo sentendo parlare di questa figura quasi leggendaria, entrata nel mito per la sua prodigiosa memoria (si narra fosse in grado di recitare l’intera Divina Commedia, persino al contrario), figura che rappresenta una delle più importanti espressioni culturali alla base dell’intera civiltà europea: l’Umanesimo ed il Rinascimento nascono infatti nella Firenze dei Medici del XV secolo.
Personaggio coltissimo, capace di parlare in italiano, latino e greco, ha studiato l’ebraico e addirittura il caldeo; e illustre filosofo (a soli 23 anni scrive la sua opera fondamentale, tuttora senza uguali, l’Oratio de hominis dignitate); profondamente religioso, studia tutto lo scibile del suo tempo, i classici, la letteratura araba, la cabala ebraica, e arriva a proporre nelle sue 900 tesi un’universale concordia fra tutte le filosofie e religioni con la Rivelazione Cristiana.
Ma nonostante la gloria di grande fra i grandi e il fascino che emanava, la sua storia appare profondamente triste: un po’ per quel suo essersene andato poco più che bambino da questa nostra città nebbiosa, per poi non farvi mai più ritorno; molto per il turbamento causato dall’accusa di eresia (per 7 delle 900 tesi: accusa peraltro revocata alcuni anni dopo), che accentuerà la sua già presente ansia religiosa e mistica, sino a un totale isolamento nel convento di San Marco; e moltissimo per la sua morte troppo precoce, poco più che trentenne, improvvisa e misteriosa.

Il mistero della morte
In tutti questi 500 anni dalla sua morte, infatti, c’è sempre stato il dubbio, senza risposta: avvelenamento o malattia? Un’agonia di 13 giorni, di febbri inspiegabili e dolorose; e appena 2 mesi prima il raffinatissimo poeta e amico Poliziano, deceduto di morte analoga e altrettanto inspiegabile.
Si parlò subito di veleni e di omicidi, e pian piano, nel corso dei secoli, si sarebbe voluto risolvere il mistero di queste morti, cercando ricostruzioni che potessero smentire o confermare quanto le fonti storiche e iconografiche ci avevano tramandato fino ad oggi.

Le ‘investigazioni’ sui resti mortali
Queste tanto attese indagini sui resti mortali sono alla fine state promosse, l’anno scorso, dal regista Silvano Vinceti, Presidente del Comitato Nazionale per la Valorizzazione dei Beni Storici, Culturali ed Ambientali di Roma, e accolte con curiosità ed estremo interesse dalla nostra Fondazione che ha immediatamente garantito la piena adesione ed il finanziamento.
Le investigazioni sono state condotte da un folto gruppo di studiosi delle Università degli studi di Bologna, Lecce e Pisa, guidato dall’antropologo Prof. Gruppioni e dai Prof. Mallegni ed Andreolli, con la collaborazione, fra gli altri, del RIS di Parma del colonnello Luciano Garofalo.
La salma di Pico, morto il 17 Novembre 1494 e che ha riposato fino a pochi mesi fa nel piccolo ‘chiostro dei morti’ del Convento di S. Marco a Firenze, dove era morto, è stata riesumata lo scorso 26 Luglio insieme a quella dell’umanista Angelo Poliziano, per consentire appunto di accertare le effettive cause del decesso.
Nelle operazioni di recupero della cassa contenente i resti di Pico, gli studiosi si sono trovati di fronte a un evento inaspettato: essa, infatti, ne conteneva un’altra, e oltre le ossa di Pico, in ottimo stato di conservazione, sono stati trovati i resti del poeta quattrocentesco Girolamo Benivieni, umanista, legato a Pico da profonda amicizia, e che, morto quasi cinquant’anni dopo, non lo dimenticò mai, al punto di chiedere espressamente di essere sepolto con lui.
I resti di Pico, Benivieni e Poliziano sono stati quindi trasportati a Ravenna, dove sono stati sottoposti a tutta una serie di approfondite analisi anatomo-patologiche e bio-molecolari, condotte con l’ausilio delle tecniche più moderne e sofisticate, che hanno preso le mosse dalla preliminare (e pienamente confermata) datazione, attraverso il metodo del ‘carbonio 14’, dei reperti rinvenuti.
Grazie a queste indagini sono state ricavate le caratteristiche fisiche, la fisionomia del volto, e rivelate le malattie, i traumi e addirittura lo stress subiti; in particolare sono stati riscontrati elevati tassi di arsenico, tali da avvalorare la tesi dell’avvelenamento.
Gli esiti delle analisi e delle ricostruzioni saranno l’argomento di una puntata del format televisivo Rai ‘Enigmi e misteri di personaggi del passato’ dedicato anche alle figure di Celestino V, Petrarca, Leopardi, Boiardo.
Dopo 7 mesi di indagini, i resti mortali di Giovanni Pico, in viaggio dai laboratori di Ravenna verso Firenze, sono quindi tornati per la prima volta a casa, dopo oltre 500 anni.

L’esposizione dei resti mortali
Sabato 2 Febbraio, dopo una solenne e commossa commemorazione funebre nella chiesa di S. Francesco, il Pantheon dei Pico, dove riposano i genitori di Giovanni ed altri suoi avi, i resti dei tre umanisti sono stati ricomposti in teche di vetro, ed esposti, proprio nel castello dove Pico era nato, per un saluto dei suoi attuali concittadini.
Il castello è ora in gran parte di proprietà della Fondazione, che, in collaborazione con il Comune e il ‘Centro Internazionale di Cultura Giovanni Pico della Mirandola’, ha reso possibile questa iniziativa: e il ritorno nella natia Mirandola è stato salutato, in soli due giorni di esposizione, da una folla incessante di circa 4000 visitatori, silenziosi e rispettosi, commossi, incuriositi e interessati a questa figura che prima di allora avevano soltanto visto ritratta in qualche stampa o conosciuta solo per sentito dire. Il 4 Febbraio i resti sono poi ripartiti per il capoluogo toscano.

Il Convegno con la rivelazione dei risultati
Nel giorno della nascita di Giovanni Pico, il 24 febbraio, si sono poi dati convegno a Mirandola quanti hanno operato nelle indagini, per presentare e illustrare dettagliatamente le scoperte ed i risultati conseguiti e per esporre le ipotesi sulle vicende della sua vita e della sua morte; in particolare è stato presentato il busto di Giovanni Pico, che ne ripropone la fisionomia più aderente al vero, ottenuta mediante le moderne tecniche di ricostruzione facciale in uso in antropologia archeologica e in campo forense e che rimarrà esposto al castello sino al prossimo 16 Marzo 2008.
In estrema sintesi dette indagini e ricerche hanno evidenziato, quanto alla sua vita, che Giovanni Pico lungi dall’essere stato solo un filosofo ed un erudito, prese anche parte attiva alle complesse vicende politiche della Firenze del suo tempo, assumendovi con coraggio civile, chiarezza e responsabilità una posizione precisa al riguardo: cosa che valse sicuramente a procurargli diversi nemici; e quanto alla sua morte, che l’ipotesi che risulta più probabile, anche se in via di definitivo accertamento, sembra essere quella di avvelenamento mediante arsenico: ad opera di chi, resta ora materia di indagine da parte degli storici.

Foto e testi a cura di Marcella Bertolini
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